
Mokodu Fall, “l’Arte ci rende liberi”
Sono stati mesi di intensa attività per il poliedrico artista senegalese Mokodu Fall, attivo in Italia da 20 anni: nuovi dipinti, diverse mostre, un murales dal forte impegno sociale, una collezione di moda sempre più variegata, oltre a tante altre performance. Il suo percorso artistico e di vita sono raccontati in due documentari: “Parlare d’arte al Pigneto” di Joe Amadio e “Mokodu Fall” in una web series di Maik Reichert e Sarah Wollberg per il Goethe Institut di Roma.
AVANGUARDIE MIGRANTI ve lo aveva già fatto conoscere nei mesi scorsi:https://www.avanguardiemigranti.it/2019/08/04/dalla-tela-al-tessuto-i-colori-di-mokodu/ e ora torna ad incontrarlo per una chiacchierata sul ruolo dell’artista nel nuovo decennio che si apre, sulla sua vita in Italia e i progetti in corso, anche in Francia e Senegal.
In un momento di muri alzati, diffidenza e pregiudizi, come vivi il tuo essere artista della diaspora africana in Italia?
Queste situazioni negative non mi appartengono: in Italia ho capito di poter dare spazio al mio talento. Certo oggi l’arte e la cultura in generale possono, anzi devono, fare molto per agevolare la diffusione e la comprensione delle parole giuste, per entrare in relazione, per stemperare l’aggressività, per restituire dignità. Da sempre il linguaggio visivo ha la forza di raccontare o di anticipare, quindi di incidere al livello sociale. La street art, ad esempio, è un mezzo potente.

Nelle tue opere sono spesso presenti i padri fondatori dell’Africa e altre figure iconiche. Quanto è importante secondo te la conoscenza della propria Storia?
La mia esperienza artistica vive di una dimensione cosmopolita personale, allo stesso tempo è arricchita da un bagaglio di visioni e suoni legati alle esperienze infantili. A questo si aggiunge un lungo percorso di ricerca sugli uomini e le donne che hanno contribuito allo sviluppo della cultura africana e della pace mondiale. La memoria e le matrici culturali vanno innovate e non dimenticate.
Quali sono i messaggi veicolati dalle tue tele?
Universalità, equilibrio attraverso i colori, la forza attraverso la decisione delle forme, la necessità di libertà anche se comporta intraprendere percorsi più difficili. L’Africa che raggiunge il mondo attraverso le persone che possono oggi arricchire ogni luogo e che io ritraggo o immagino nel mio lavoro artistico figurativo.

Come artista sei anche molto impegnato nel sociale. Raccontaci di qualche tuo lavoro in questo campo
Sicuramente il progetto di Mike Reichert e Goethe Institut Roma che riguarda anche il murales dedicato al sindacalista Soumaila Sacko, ucciso nel giugno 2018 a Rosarno, in Calabria (il murales è sito in Via Assisi, a Roma). Ho anche realizzato instant painting per accompagnare le letture dei testi di denuncia di Soumaila Diawara (poeta e militante politico maliano). In questi progetti la mia arte intende rafforzare ulteriormente l’azione avviata da altri fratelli in difesa dei diritti e della dignità, per contribuire alla costruzione di una cittadinanza che sostiene e valorizza chi vive di una realtà aperta ed inclusiva.
Prima a Parma, poi a Roma, in Italia ti senti a casa? Quali sono i luoghi ai quali sei maggiormente legato?
Dopo 20 anni qui, considero l’Italia la mia casa! Lo scorso 6 novembre ho partecipato a un walkabout, grazie al quale ho potuto raccontare una parte della mia vita personale e artistica, andando oltre frammentati post. Grazie a Carlo Infante e a UrbanExperience abbiamo realizzato un racconto partecipato, camminando nei luoghi del mio quotidiano e parlando della mia storia in questa geografia urbana. La premessa è che Roma è bella, tutta! Personalmente sono molto legato al Pigneto, luogo di vita quotidiana e di lavoro, ma anche a Via Assisi, dove ha sede il Programma Integra. Sono stati loro i primi ad ospitare i miei lavori, grazie in particolare al sostegno di Laura Antonini.

Negli ultimi mesi abbiamo visto i tuoi capi sfilare a Roma, Milano, Firenze e al Festimood di Saint Louis in Senegal. Quali sono i materiali e le tecniche utilizzati? Quali sono i messaggi della moda di Mokodu?
L’eleganza dei tagli e dei colori della Collection Jardin sono un omaggio all’alta moda italiana, non a caso ho scelto Piazza di Spagna, la scalinata di Trinità dei Monti, il Colosseo per gli shooting più interessanti. Luoghi ornamentali ma anche luoghi dell’arte, legati alla presenza della moda a Roma.
La fonte di ispirazione per i miei capi, tutti pezzi unici, è la mia arte continuamente richiamata e arricchita quando dipingo su un capo a mano libera. Cerco di far muovere le mie creazioni anche per dare loro un’energia diversa grazie alle persone che li indossano e a nuovi luoghi.

Attualmente quali progetti ti stanno impegnando?
Mi muovo su due percorsi paralleli. Le mie opere pittoriche e i miei abiti. Da un lato sto lavorando su una serie di opere con un tema differente dai precedenti. Dall’altro, continuo a manipolare e arricchire il Jardin de L’Amour – per anni filo conduttore della mia arte pittorica – attraverso il linguaggio della moda.
Photo Credit: © Chiara Seta e Christopher Seta (in copertina) – Rino Bianchi – Associazione Pathos – Nicola Casamassima – Chiara Seta e Christopher Seta – Enzo Rinaldo