
(Dis)Uguaglianza di genere nell’obiettivo di fotografe latino-americane
“Uguaglianza di genere e empowerment di donne e bambine” è stato il tema dell’XI edizione del premio fotografico dell’Istituto italo latino americano di cultura (IILA), vinto da Jiulieta Pestarino. I lavori sono stati esposti al Museo di Roma in Trastevere. La parità di genere è l’obiettivo numero 5 dell’Agenda 2030, stilata dalle Nazioni Unite per raggiungere lo sviluppo sostenibile.
Dal lavoro delle levatrici di Città del Messico ai traumi delle sterilizzazioni forzate imposte alle peruviane, con i loro scatti le fotografe, tutte under 35, ci aprono finestre sulle condizioni di vita delle donne nel subcontinente, anche in una prospettiva storica.
La vincitrice del Premio 2019 è Jiulieta Pestarino, antropologa e fotografa, con il suo “Retrato de persona no identificada” (2015). Per realizzare i suoi fotomontaggi ha svolto ricerche tra le fotografie digitalizzate della fine del XIX secolo, conservate nell’Archivo Nacional de Fotografía dell’Instituto Nacional de Patrimonio Cultural dell’Ecuador. Avendo trovato molti uomini e poche donne, Jiulieta ha pensato di sovvertire la logica dell’archivio con collage, che fa pensare alla cronaca.

A un corpo femminile sovrappone un volto da uomo, a un ritratto di donna applica i baffi, come alla Gioconda di Marcel Duchamp. Con il suo lavoro ha voluto rimettere in discussione il ruolo della donna nella rappresentazione tradizionale della società, mettendo in crisi l’immagine della donna che esce dagli archivi ufficiali. Julieta Pestarino, originaria di Buenos Aires, ha alle spalle una laurea in Scienze Antropologiche oltre a studi sulla tecnica della realizzazione fotografica, arricchiti con soggiorni in Spagna, Brasile e Repubblica Ceca. Come fotografa ha esposto in Argentina, Colombia, Ecuador, Uruguay, Spagna e Ucraina. L’anno scorso ha firmato il suo primo cortometraggio, dedicato al fotografo franco-americano André Roosevelt, sul quale aveva condotto una ricerca che nel 2016 le è valsa la Beca de Fotografía dell’Instituto de la Ciudad de Quito.
L’argentina Leticia Bernaus, vincitrice della precedente edizione di Photo IILA, ha esposto i suoi lavori intitolati “La vida secreta de las piedras” (2018).
Liz Tasa, peruviana di 31 anni, ha squarciato il velo su un aspetto della storia recente peruviana che fatica ad emergere: sotto la presidenza di Alberto Fujimori, fra il 1990 e il 2000, fu varato il Programa Nacional de Salud Reproductiva y Planificación familiar, rivolto alle donne delle zone rurali, con l’obiettivo di ridurre la povertà. Fu un programma di sterilizzazione forzata che coinvolse oltre 270 mila donne, talvolta operate senza controlli, senza cure e sotto minaccia. A distanza di 20 anni la Tasa ha incontrato le sopravvissute, che spesso convivono con cicatrici, traumi, postumi di infezioni e isolamento dovuti proprio alla perdita della capacità riproduttiva.

Nel suo lavoro, intitolato “Kápar”, che significa ‘castrare’, la fotogiornalista è riuscita a documentare questo trauma con empatia e poesia, arricchendolo con riferimenti alle simbologie, alle tradizioni e cultura andine.
Con il suo progetto intitolato “Amazonia Warmikuna” Isadora Romero, giovane fotografa ecuadoregna, ci porta alla scoperta della comunità Sarayuku, fra le donne della selva amazzonica del suo Paese, per documentare l’ambiente in cui nasce il movimento femminile che difende tenacemente l’Amazzonia.

Giochi fra bambine, legami fra generazioni femminili diverse, momenti di cura delle bellezze vengono documentati in scatti delicati e molto intimisti, riflesso del rapporto stabilito tra l’artista e le donne Sarayuku. Molte di loro sono madri che si prendono cura della casa e dei figli oltre a combattere le minacce dell’estrazione petrolifera da parte di multinazionali, e farsi promotrici di uno stile di vita sostenibile, basato sull’autosufficienza economica e sul turismo responsabile.
Le “Parteras Urbanas” di Greta Rico sono le levatrici che a Città del Messico, megalopoli da 25 milioni di abitanti, aiutano le donne a partorire in casa, in un ambiente conosciuto, sereno, circondate da cure e attenzioni di professioniste che svolgono, nell’ombra, un lavoro importante.

Pur essendo una professione antica, quella delle levatrici non è ancora riconosciuta e regolamentata a livello istituzionale. Eppure le “parteras” sono in prima linea nella tutela dei diritti delle donne nell’atto del parto, evitando loro violenza ostetrica, come cesareo non necessario o travaglio in condizioni di disagio.
“Piccole azioni possono costituire grandi problemi” (“Son pequeñas acciones que pueden ser grandes problemas”) si intitola il progetto fotografico dell’artista salvadoregna Jennifer Benavides. A prima vista le sue ‘composizioni’ hanno un aspetto ludico, che ricorda le costruzioni dei bambini con i Lego: i suoi personaggi in miniatura vengono messi in scena, in azioni di vita quotidiana e poi ripresi in fotografia.

In modo sottile e giocoso, Benavides rimette in discussione equilibri consolidati nella società e la famiglia tradizionali e ci spinge a riflettere sul ruolo effettivo delle donne, su diritti e opportunità negati. Un invito a guardarle in un’altra prospettiva per cambiare e scrivere un’altra storia….
Photo Credit: ©IILA – Museo di Roma in Trastevere