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Angelo Ferrari, “solidarietà nel Dna dell’Italia”

Un anno fa a Chakama, in Kenya, la giovane cooperante italiana Silvia Romano veniva rapita. Da allora si sono susseguite ricostruzioni, più o meno attendibili, speculazioni, fake news, intramezzate da qualche spiraglio di speranza per una sua prossima liberazione, che ad oggi non si è purtroppo verificata. In realtà un anno dopo la vicenda appare ancora molto intricata.

 “Silvia. Diario di un rapimento” (https://www.avanguardiemigranti.it/2019/11/19/sulle-tracce-di-silvia-romano-a-un-anno-dal-rapimento/) libro firmato dal giornalista Angelo Ferrari, da pochi giorni in libreria, nasce proprio dalla necessità di fare luce sul rapimento della 24enne milanese, di rispondere ad una serie di interrogativi oltre che tenere viva l’immagine del suo volto sorridente.

In occasione di questo anniversario, in cui non c’è niente da festeggiare, AVANGUARDIE MIGRANTI ha intervistato il collega Ferrari.

Silvia Romano, un anno dopo il rapimento. Perchè un libro diario?

Un diario per far capire il susseguirsi degli avvenimenti, gli sviluppi e le notizie. Non è altro che la raccolta di tutto ciò che ho scritto, in un anno, per l’Agenzia Italia dove lavoro. L’idea l’ha avuto l’ex direttore dell’Agi Ricardo Luna che mi ha chiesto, sin da subito, di seguire questa tragica vicenda giorno per giorno. Ecco perché un diario.

Oggi cosa sappiamo di preciso su questa vicenda?

Oggi sappiamo che Silvia Romano è nelle mani di una banda di jihadisti legata al gruppo terroristico somalo Al-Shabaab. E’ ciò che hanno reso noto i magistrati della Procura di Roma. Sappiamo che “Silvia è viva e si sta facendo di tutto per riportarla a casa”. Non sappiamo molto altro, oltre al fatto che chi l’ha rapita il 20 gennaio del 2018 a Chakama, un villaggio dove la giovane volontaria italiana operava a favore dell’infanzia, era una banda di criminali comuni che poi l’ha venduta ai jihadisti o l’ha sequestrata su commissione di questi ultimi. Non sappiamo, con precisione quando è stata ceduta agli Al-Shabaab, cioè subito dopo il rapimento o qualche mese dopo. L’altra certezza, sempre secondo quello che i magistrati hanno fatto sapere, che Silvia a Natale era viva. Da allora, tuttavia, è passato quasi un anno.

Tu segui il caso sin dall’inizio, passo dopo passo. Eppure, un anno dopo, le zone d’ombra sono tante…

Le domande aperte sono molte. Per esempio esiste una prova in vita “recente”? Come dicevo, fino ad ora si sa che a Natale 2018 era viva. Ora con i nuovi sviluppi resi noti dai magistrati ci si chiede se vi sia una prova in vita recente. Ma, sul punto, gli inquirenti non dicono nulla, così come non è dato sapere se vi sia stata una richiesta di riscatto. Se è vero, come è vero, che i committenti del rapimento sono gruppi jihadisti legati agli Al-Shabaab, rivendicazione e richiesta di riscatto per la liberazione della giovane italiana dovrebbero essere scontate. Gli inquirenti su questi punti mantengono il più stretto riserbo che, per certi versi, è anche comprensibile. Il silenzio, però, alimenta ricostruzioni fantasiose.

 Messaggi di sostegno ma anche molti post denigratori sui social. Attenzione da parte dei media. Massima discrezione dalle autorità. Quanto la vicenda di Silvia è emblematica delle attuali contraddizioni della società e della politica italiana?

All’inizio gli insulti erano all’ordine del giorno. Oggi sembra essere cambiato il clima. Ma, rimane il fatto, che il clima umano nel nostro paese è mutato. Una volta si capivano le ragioni di chi, come Silvia Romano, partiva per inseguire un sogno e aiutare i più deboli, quelli messi ai margini. Nei cromosomi del Paese c’erano iscritti la solidarietà, l’apertura, il gusto del mondo. Oggi si è un po’ tutti ingrigiti, incartati su noi stessi. Non è colpa di qualcuno in particolare, ma di un clima generale che ognuno di noi ha progressivamente accettato, lentamente respirato fino a lasciarsene possedere. Questo libro è il tentativo di far riemergere quello spirito di solidarietà che appartiene al Dna del nostro Paese: chi stabilisce di fare il cooperante o il volontario è essenzialmente animato dal senso di giustizia e di scandalo per la diseguaglianza. Poi c’è il tema delle Ong che, mai come oggi sono “criminalizzate”. Ma le Ong non sono il luogo di raccolta di eroi senza tempo che rincorrono avventure improbabili. Sono fatte di uomini e donne che hanno a cuore il loro destino e che sanno che un mondo migliore non potrà esserci per nessuno finché ci saranno bambini e bambine che non possono sognare, finché ci saranno uomini e donne che non sanno come arrivare a sera, come procurare un pasto al giorno per i loro figli, finché si saranno anziani derubati della loro dignità. Di loro, spesso, se ne parla solo quando accade una tragedia, come l’aereo precipitato in Etiopia. Oppure quando una giovane donna viene rapita in Kenya, oppure quando salvano migliaia di migranti nel Mediterraneo. L’Africa, su questo, ci racconta un’altra storia. E il libro, oltre che del rapimento di Silvia Romano, vuole raccontare tutto questo.

Photo Credit: © pagina Facebook Silvia Romano – Edizioni People

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