
In Italia Masoud e il suo “Scomparso”, Gaza negli occhi di un bambino
Lo scrittore anglo-palestinese Ahmed Masoud approda in Italia per presentare il suo primo romanzo “Scomparso – La misteriosa sparizione di Mustafa Ouda”, ambientato nella Gaza degli anni 80’. Il protagonista-voce narrante è un bambino, Omar, all’affannosa ricerca del padre scomparso. Un racconto di perdite, tradimenti e traumi – che nessun piccolo essere al mondo dovrebbe mai vivere – che attraversa 30 anni di storia palestinese, tra la prima e la seconda Intifada e gli accordi di pace di Oslo.

Ahmed Masoud è nato e cresciuto nella Striscia di Gaza, trasferitosi in Gran Bretagna, dove ha conseguito un dottorato in letteratura inglese. Regista, scrittore e accademico, ha vinto il Muslim Writers Awards. Ha fondato una compagnia di teatro e danza e alcuni suoi brani teatrali sono stati trasmessi dalla Bbc Radio 4.
In Italia “Scomparso” (“Vanished”, pubblicato in Gran Bretagna nel 2015. Ed. Rimal Publications) è stato tradotto da Pina Piccolo, edito da Lebeg, nella collezione I venti.
Si parte oggi a Bologna, alle ore 13.30, presso il Dipartimento di lingue e letterature dell’Università di Bologna (via Filippo Re), a cura della docente Sana Darghmouni e di ‘La Macchina Sognante’, in dialogo con l’autore e la traduttrice. Alle 19.30 l’appuntamento è in Via Nazario Sauro, L’Altro Spazio, con interventi musicali del gruppo Hudud (Confini). Il 23 ottobre Masoud presenterà il suo romanzo a Napoli, presso la Libreria Tamu (Via Santa Chiara). Il 24 l’appuntamento è a Roma, alla Libreria Griot (Via di S. Cecilia 1/A), alle 18.30, condotto da Wasim Dahmash, che dialogherà con Masoud e la sua traduttrice in italiano. Il primo tour italiano dell’autore di “Scomparso” si concluderà il 25 a Venezia, con una conferenza presso il Dipartimento di lingue e letterature dell’Università Ca’ Foscari, a cura della docente Sana Darghmouni e di ‘La Macchina Sognante’. Alle 18 autore e traduttrice si sposteranno in Campo San Maurizio 2758 (Micromega, Arte e Cultura), in dialogo con Anna Lombardo, direttrice de ‘La Palabra en el Mundo’.
Il romanzo inizia nel presente, a Londra, dove Omar, come l’autore – ma non è un’autobiografia – vive con la moglie e il figlio. Si apre con una lettera scritta dal protagonista durante un suo viaggio nel paese di origine, tra confini chiusi, coprifuoco, burocrazia maledetta, stanze di espulsione sotterranee. Per Omar niente di nuovo nell’inferno di Gaza, situazioni di vita quotidiana che conosce bene e alle quali reagisce in modo fermo ed implacabile, forma di resistenza tutta palestinese (summoud).
“Mio padre non c’era più. Ero troppo piccolo per capire il perché, e nessuno era in grado di spiegarmelo, nemmeno mia madre. Quando glielo chiedevo, mi rivolgeva un sorriso triste, ben diverso da quello solito da un orecchio all’altro. Non lo sopportavo. Mi spaventava. C’era pericolo in quel sorriso, cose che non capivo, una storia nascosta che volevo disperatamente svelare. Ma non me l’ha mai detto, nonostante i miei sforzi immani per farla parlare. Forse fu proprio questo che mi spinse a proclamarmi, all’età di otto anni, il più giovane detective del campo profughi di Jabalya”: cosi comincia il racconto di Omar.

Suo padre era uscito una sera per andare a cancellare graffiti su richiesta delle forze occupanti israeliane, ma a casa non è mai tornato. Una scomparsa che sconvolge la vita della sua famiglia, quella di Omar in primis. Tante le domande che affollano la sua mente sulla sorte del padre: rapito dagli israeliani, vittima delle lotte intestine tra gruppi palestinesi rivali oppure partito improvvisamente per motivi a lui sconosciuti? E’ così che comincia l’affannosa ricerca di Omar, che la racconta in prima persona oppure sotto forma di lettere destinate al proprio figlio, Mustafa, rimasto a Londra, al quale scrive durante il viaggio nella terra di origine per timore di non tornare mai in Gran Bretagna e che tutta la storia di famiglia finisca nel dimenticatoio.
Si comincia con un Omar bambino che resiste all’occupante, scaglia pietre sui soldati israeliani, leale alla famiglia e agli amici, dedito allo studio, orgoglioso per la sua kefiah, la tradizionale sciarpa palestinese. Più in là diventa un informatore, un traditore quindi che, nel dare informazioni ai servizi israeliani, contribuisce ad arresti e uccisioni dei leader del movimento di resistenza palestinese. Viene abusato fisicamente da un comandante militare israeliano e infine diventa un miliziano. Passo dopo passo il lettore è portato a capire le scelte difficili ma quasi obbligate compiute da Omar, in empatia con lui, in avversione con le radici della violente dominazione imposta da Israele.
Omar non è un tradizionale eroe palestinese ma la sua micro storia è un concentrato di tutte le contraddizioni e avversità vissute dai cittadini di quella terra maledettamente violenta e disperata. Invece di giudicare e condannare, “Scomparso” è un invito ad una più grande compassione tra palestinesi, tra chi da idealista di Fatah diventa poi un miliziano di Hamas. Un appello a depositare le armi tra palestinesi, rinunciando a generare altra violenza dalla violenza. Una richiesta di perdono reciproco per imboccare la strada dell’unità, voltando le spalle a quella della violenza perpetuata all’infinito. Oltre a quella del piccolo detective Omar, che seguiamo fino all’età adulta, nel romanzo ci sono tante voci che si fanno sentire, quelle di personaggi maschili e femminili creati con sapienza ed equilibrio da Masoud. Sono funzionali al racconto e fanno conoscere tutti i protagonisti della storia recente dei territori palestinesi, una società dilaniata dalla violenza, la rabbia, la frustrazione, il dolore, che cerca di sopravvivere all’inferno quotidiano.
Photo Credit: © Lebeg, La Macchina Sognante, Frontiere News