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Vento d’Africa sulle passerelle internazionali

In concomitanza con la Settimana della Moda a Milano, per AVANGUARDIE MIGRANTI le fondatrici di Afro Fashion Week Milano (AFWM), Michelle Francine Ngonmo e Ruth Akutu Maccarthy, analizzano il mercato della moda africana sul continente, quello della moda afro in Italia e presentano gli stilisti africani da tenere d’occhio, sempre più influenti sulla scena internazionale.

In questi ultimi decenni, i designer africani stanno diventando sempre più consapevoli del loro potenziale e si stanno riappropriando della moda del loro continente attraverso paradigmi più evoluti. Ciò avviene non necessariamente attraverso l’utilizzo del Wax, tessuto che, peraltro, ha origini olandesi, ma semplicemente attraverso altri elementi presenti nel continente madre quali colori, stampe, paesaggi, sempre più presenti sulla scena internazionale. Un processo complesso che ha bisogno di tempo per affermarsi in modo incisivo.

Oggi il continente africano sta assumendo un ruolo sempre più centrale nell’industria della moda internazionale. I mercati globali non lo considerano più un punto di arrivo della merce ma una fonte di ispirazione e un luogo di produzione dalla forte identità.

Colori di tendenza

Grazie ai suoi colori brillanti, le fantasie, le stampe, cresce l’interesse per la moda africana nei maggiori mercati. I paesaggi tropicali con le foreste rigogliose, la frutta, i fiori esotici, stoffe e stampe locali sono fonti di ispirazione per designer di tutto il mondo. Questo stile, caratterizzato dalle tipiche fantasie africane e dalle stampe animalier, diventate un marchio di fabbrica in Occidente, ha subito una forte influenza da altri continenti.

In Africa meno vestiti importati e più creazioni locali

Numerosi paesi africani che in passato hanno importato abiti di seconda mano  dall’Occidente, ora stanno cambiando abitudini. Per invertire questa tendenza alcuni designer stanno lavorano per creare collezioni completamente ‘Made in Africa’ e con prodotti locali. Purtroppo il sistema politico ed economico vigente sul continente oggi non fornisce ancora il supporto necessario agli stilisti per una concreta affermazione internazionale. Pochissimi, infatti, sono gli stilisti residenti in Africa, conosciuti a livello globale.

Utilizzo di prodotti africani da parte di marchi europei

L’Africa, in particolare la costa orientale, sta diventando il punto di provenienza dei capi di abbigliamento utilizzati anche in Europa. 37 paesi su 54 sono produttori di cotone con Kenya e Etiopia punti di riferimento dell’industria tessile sul continente. Negli ultimi due anni in  Etiopia, in particolare, sono stati prodotti capi d’abbigliamento per marchi europei come Primark, H&M e anche l’italiana Calzedonia ha aperto recentemente un sito produttivo.

Il settore moda afro in Italia

Spesso la multiculturalità è stata percepita come una debolezza in Italia piuttosto che un punto di forza come già succede in Francia, Germania, Gran Bretagna, o negli Stati Uniti, che  hanno fatto del fenomeno migratorio una risorsa.

In Italia gli stranieri sono quasi 6 milioni (circa l’8,3% della popolazione totale), di cui 1,1 milione circa quelli provenienti dal continente africano: una multiculturalità che potrebbe portare a nuove prospettive di crescita.

Ci sono circa 500mila aziende straniere su tutto il territorio italiano di cui solo una piccola percentuale aperta da africani (egiziani, marocchini, tunisini, senegalesi) prevalentemente in attività di commercio al dettaglio, comunicazione, imprese di pulizia, confezionamento di abiti.

Le informazioni relative alla presenza della moda Afro sul mercato italiano sono al momento ancora poche e ininfluenti, se non per casi specifici di nicchia. Ciononostante è rilevante l’attenzione sempre crescente, negli ultimi anni, per la cultura, l’arte e la moda africana. Invece la moda italiana ha un riscontro notevole ed in netto aumento nel continente africano, e l’esportazione è prevista in crescita nei prossimi anni, soprattutto in Sudafrica (+ 33%), Nigeria (+40%) e Angola (+52%).

La differenza di approccio è netta e richiede una continua attività di storytelling culturale e commerciale, di evidenza e di integrazione che corrisponde esattamente all’obiettivo dell’associazione Afro Fashion, fondata nel 2015 da Michelle e Ruth.

Ecco secondo Afro Fashion Week Milano i nomi – segnalati anche ai collegi del blog ‘Vadoinafrica’ – degli stilisti africani da tenere d’occhio, sia quelli in attività che quanti hanno lasciato una forte eredità.

Oumou Sy è la “regina della moda senegalese”, autodidatta, nata nel 1952, crea capi d’alta moda, pret-à-porter, gioielli e accessori. Esperta nelle tecniche di tessitura, tintura e ricamo, combina svariati materiali (metalli, estratti vegetali, vinile) con stoffe e motivi decorativi locali. Proprietaria di due negozi europei (Parigi e Ginevra), è la stilista preferita dei più celebri cantanti senegalesi: Baaba Maal e Youssou Ndour. Vive e lavora a Dakar dove insegna anche alla scuola di Belle Arti.

Ainé Pathé Ouédraogo, conosciuto come Pathé’O (Burkina Faso), è nato nel villaggio di Guibaré (87 km dalla capitale Ouagadogou), e lascia il villaggio 19enne per cercare fortuna in Costa d’Avorio. Arrivato ad Abidjan finisce a bottega da un sarto: semplicemente per necessità. Dopo alcuni anni di apprendistato si iscrive a corsi per corrispondenza con l’Italia mettendosi in proprio nel 1977. Arriva al successo dopo un’altra decina d’anni di duro lavoro, ideando le famose camicie in pagne di Nelson Mandela, gli abiti per il presidente ivoriano Laurent Gbagbo e per l’omologo maliano Alpha Oumar Konaré. Con il caratteristico tessuto burkinabè, il Faso Dan Fani, Pathé’O è l’unico stilista africano proprietario di oltre 20 negozi in Africa.

Kofi Ansah (Ghana), figlio di un fotografo e musicista, studia e lavora a Londra. Nel 1992 sceglie di rientrare in patria per aprire Artdress, un laboratorio che darà impulso a un’intera generazione di creativi ghanesi. Scomparso nel 2014, Kofi Ansah ha sempre sottolineato che ogni suo abito racconta una storia. Sosteneva che “senza vestiti, [noi africani] non possiamo giocare la nostra parte nel mondo”. Definito dalla Bbc il “guru della moda africana”, Kofi Ansah, dichiarava che la massima soddisfazione del suo lavoro era far sentire bene le persone con sé stesse. È stato il fondatore e presidente della Federazione dei Designer Africani.

Seidnaly Sidhamed, noto come Alphadi, soprannominato il Dior africano o il mago del deserto, è nato a Timbuctù da una famiglia di lignaggio nobile Tuareg. Dopo gli studi in turismo e marketing decide di dedicarsi alla sua passione, la moda. Dopo aver lavorato con l’atelier Chardon Savard a Parigi definisce un suo stile originale basato sulla fusione tra il sapere ancestrale dei gruppi etnici del Sahel (Songhai, Hausa, Fulani, Bambara, Arabo), culture nomadi dell’Africa Orientale (Bororo, Masai) e reinterpretazioni creative del design occidentale. Dal 1998 anima il FIMA – Festival Internazionale della Moda in Africa (spostato dal Niger a Dakhla, Sahara Occidentale-Marocco).

Sindiso Khumalo (Sudafrica), laureata in Architettura all’Università di Cape Town, ha lavorato a Londra nello studio dell’archistar di origine ghanese David Adjaye. Il suo brand crea tessuti moderni e sostenibili con una forte enfasi sulla narrazione africana. Disegna a mano i tessuti delle sue collezioni attraverso acquerelli e collage. Nel corso degli anni ha sviluppato in modo unico una sua voce visiva colorata, che attinge alle sua eredità Zulu e Ndebele.

Duro Olowu (Nigeria), nato nel 1965 a Lagos da padre nigeriano e madre giamaicana, cresce tra Lagos, Londra e Ginevra. Pur avendo disegnato il primo abito all’età di sei anni, segue le orme del padre nella professione legale per alcuni anni. A 33 anni lancia la sua prima etichetta, lavorandoci nel tempo libero per sei anni. Nel 2004 arriva la ribalta, quando Vogue nota la grande libertà con cui abbina tessuti in stile patchwork rifacendosi alla varietà delle sue esperienze internazionali. Nel 2005 è “miglior nuovo designer dell’anno” ai British Fashion Awards. Tra i suoi clienti annovera Michelle Obama, Solange Knowles e Iris Apfel.

Lamine Badian Kouyaté, noto come Xuly Bët, originario del Mali. E’ un personaggio cresciuto nel cosmopolitismo dell’Africa urbana e della diaspora, nato a Bamako per poi trasferirsi, al seguito dei genitori, prima a Parigi poi a Dakar. Studia architettura in Francia ma, ancor prima di terminare, lancia da autodidatta il brand XULY.Bët (“apri gli occhi” o “guardone” in lingua wolof). Grazie a tecniche di guerriglia marketing l’etichetta desta grande scalpore nella scena parigina. La sua prima collezione, composta da abiti creati con tessuti riciclati, viene presentata in un parco pubblico sotto la pioggia battente. Il suo stile è energetico e inconfondibile. Ama sorprendere, riciclare capi dandogli una seconda vita. I suoi abiti sono riconoscibili per il filo rosso e le cuciture visibili.

Photo Credit: © Xuly Bët (Pinterest), Oumour Sy (Saharan Vibe), Pathé’O (www.patheo.fr), Alphadi (Facebook), Sindiso Khumalo (FashionistaGH), Duro Olowu (Estee Lauder)

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