
Amir Issaa dal rap alla scrittura
“Ho sempre scritto musica, andando in giro, per le strade, nella metropolitana. Per me il rap è stato terapeutico. Scrivere questo libro è stata l’esperienza più dolorosa della mia vita perché ho dovuto ripercorrere dei momenti che avevo totalmente accantonato. E’ stato anche un esercizio fisico: sono tornato in molti luoghi del mio passato, come la mia prima casa in zona Termini, proprio per rivivere queste esperienze. In alcuni momenti ho dovuto fermarmi nella scrittura, non ero in grado di correggere le bozze. Ma ora sto molto meglio!”: esordisce così il rapper italo-egiziano Amir Issaa, alla sua prima prova come scrittore con il racconto autobiografico “Vivo per questo” (edizioni Chiare Lettere).
Nato e cresciuto a Torpignattara, periferia di Roma, Amir e sua sorella hanno avuto un’infanzia complicata… diciamo che sono cresciuti in fretta tra l’assenza del papà, in carcere, e quella forzata della mamma, che lavorava dall’alba alla sera per portare avanti la famiglia. Altro che poesia della periferia: sin da piccolo non vedeva l’ora di scappare e con il ‘trenino’ raggiungeva il cuore di Roma, con una predilezione per Trastevere, dove sognava di trasferirsi. Chiuso in casa sognava anche di fare il cantante… Dovendo fare i conti con un quotidiano non proprio roseo, Amir si è avvicinato al rap “non per moda, non perché lo vedevo come fonte di guadagno ma perché ho trovato in quel genere musicale l’unico mezzo che mi permetteva di raccontare, di tirare fuori. Facevo fatica a parlare persino con i miei amici. Pian piano quando nelle mie canzoni riuscivo ad inserire qualcosa di personale, stavo meglio”. Da allora ha registrato 10 cd, fondato la sua etichetta discografica indipendente ‘Red Carpet’, fa parte del collettivo Rome Zoo e ha scritto la colonna sonora del pluripremiato film Scialla! di Francesco Bruni. E’ forte anche il suo impegno sociale contro l’emarginazione dei detenuti, il razzismo, le discriminazioni e a favore della riforma della cittadinanza.
Raccontando del passaggio della scrittura musicale a quella letteraria, Amir ama vedere il suo primo libro come “un puzzle finito di tutte le canzoni che ho fatto, mi piace pensarlo come tutti i 10 album prodotti nella mia carriera”. Misurarsi con questo nuovo esercizio artistico, ha significato poter approfondire alcune tematiche a lui care, non essendo più limitato dallo stile asciutto del rap e dai pochi minuti a disposizione. “A contattarmi, casualmente, è stata la casa editrice Chiare Lettere. Ho colto questa occasione come altre che la vita mi ha offerto. E’ arrivata al momento giusto, era ora per me di trovare un’altra forma di racconto. Con il libro mi sono lasciato andare. Avevo già del materiale scritto messo da parte quindi non ho messo molto tempo a ultimarlo”, prosegue l’artista, svelandoci il ‘dietro le quinte’ di “Vivo per questo” e anticipando di volerne fare un film.
L’opera prima del rapper ci offre anche uno sguardo insolito, un’altra prospettiva su Roma e le sue periferie, in particolare Torpignattara: la città degli sgomberi alle cinque del mattina (tema di grande attualità) e delle malinconie urbane, dalle quali Amir scappava appena poteva, in contrasto con i quartieri del centro, che lo ispiravano e lo facevano sognare.
“Ho voluto raccontare questa mia storia non per sentirmi dire quanto sono figo. ma per dare un buon esempio ai ragazzi. Se la mia vita non fosse stata questa, il libro probabilmente non ci sarebbe stato. Se credi in qualcosa, non ci sono scuse. Se ti impegni e se ci credi davvero, vai avanti e ci riuscirai!”: è sicuramente uno dei messaggi più efficaci e significativi che Amir trasmette con “Vivo per questo”. Sono già previste presentazioni del libro nelle scuole.
Senza peli sulla lingua, ad AVANGUARDIE MIGRANTI l’artista denuncia “l’ignoranza diffusa, soprattutto sulla rete, i pregiudizi, i cliché e stereotipi” nei confronti di chi ha origini non ‘puramente’ italiane, delle seconde generazioni. Pur essendo nato e cresciuto a Roma, da madre italiana, automaticamente cittadino italiano all’età di 18 anni, quante volte Amir è stato chiamato “nuovo italiano”. Quante volte si è sentito dire “per essere straniero parli benissimo italiano”, oppure gli viene chiesto “ma preferisci il kebab o i supplì?”. Da tanti anni – con la sua musica, le sue dichiarazioni pubbliche e ora con il libro – è impegnato nella battaglia a favore della riforma della legge di cittadinanza, molto prima ancora che la questione dello Ius Soli finisse in prima pagina dei giornali.
In merito alla mancata approvazione della legge, Amir risponde tutto d’un tratto che “la società è molto più avanti della politica, dei palazzi del potere: basta guardare nelle scuole, per le strade, vedi tranquillamente bimbi, ragazzi italiani giocare con i loro coetanei dal colore della pelle dalle tante sfumature. Si possono costruire muri, la politica può bloccare la legge, qualcuno è contrario ma prima o poi dovranno adeguarsi a questi cambiamenti che sono il futuro, sono il presente, anzi sono in atto già da tempo!”.
Su queste tematiche ‘calde’ appare evidente l’uso spesso improprio delle parole – sia da parte dei media che dei politici – così come la mancanza di senso critico di una buona fetta della popolazione. “A causa della disinformazione e delle sterile battaglie politiche, molte persone oggi contrarie allo Ius Soli fino all’altro ieri non sapevano nemmeno di cosa si trattasse e ancora oggi non sanno di cosa si tratta. Per non parlare poi della confusione che si fa tra chi sbarca e chi invece nasce, studia e vive in Italia da anni e anni. A questo aggiungi la paura del terrorismo e il quadro è completo”, dice con lo stile sintetico del rapper, toccando proprio il nodo della questione, il tasto dolente.
Anche lui, Amir Issaa all’anagrafe, fino all’età di 18 anni ha vissuto sulla propria pelle il peso di origini in parte straniere. Da tutti veniva chiamato Massimo, persino da sua mamma, “per non crearmi problemi”. A 18 anni, la svolta: “Ho detto basta al falso nome, fortemente consapevole che non è incompatibile essere italiano e chiamarsi Amir”.
Photo Credit: © Amir Issaa (copertina e quarta foto ) – Avanguardie migranti