
Il Medio Oriente alla Biennale di Venezia
“May You Live In Interesting Times” (“Possa tu vivere tempi interessanti”): è il titolo della 58ma esposizione internazionale d’Arte di Venezia, in corso fino al 24 novembre. Una scelta che richiama un’espressione della lingua inglese a lungo erroneamente attribuita a un’antica maledizione cinese, che evoca periodi di incertezza, crisi e disordini; “tempi interessanti” appunto, come quelli che stiamo vivendo. La Biennale è curata da Ralph Rugoff, attuale direttore della Hayward Gallery di Londra.
La Mostra si articola tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo 79 partecipanti da tutto il mondo. La regione medio-orientale è rappresentata da sei padiglioni.
ARABA SIRIANA (Repubblica)
“Syrian Civilization is still alive“. Commissario/Curatore: Emad Kashout. Espositori: Abdalah Abouassali, Giacomo Braglia, Ibrahim al Hamid, Chen Huasha, Saed Salloum, Xie Tian, Saad Yagan, Giuseppe Biasio, Primo Vanadia. Sede: Isola di San Servolo e Chiesetta della Misericordia, Campo dell’Abbazia, Cannaregio.

Sul padiglione siriano alla Biennale di Venezia, gli organizzatori dell’esposizione internazionale riferiscono che: “La Siria non ha mai ufficialmente adottato o incoraggiato una tendenza artistica specifica. Gli artisti sono versati per la ricerca, la sperimentazione e il rinnovamento, ispirandosi al corposo retaggio creativo della loro civiltà e a quello di altri popoli. Gli eterogenei luoghi di studio degli artisti siriani e il loro forte legame con altre esperienze artistiche di tutto il mondo, tramite la partecipazione a forum internazionali, hanno contribuito all’unicità della produzione artistica della regione. Dal 2007 la Siria partecipa alla Biennale Arte raccogliendo nello stesso padiglione artisti siriani e stranieri. Per questa edizione, il paese ringrazia in particolare i suoi artisti di nascita: l’interesse speciale di Saad Yagan per la presenza umanitaria in pittura; Ibrahim Hamid, ispirato dal retaggio locale; il realismo di Abdalah Aboussali; l’astrazione di Saed Salloum, orientata verso mondi surreali.”
ARABIA SAUDITA
“After Illusion بعد توهم”. Commissario: Misk Art Insitute. Curatore: Eiman Elgibreen. Espositore: Zahrah Al Ghamdi. Sede: Arsenale.

Sul padiglione dell’Arabia Saudita alla Biennale di Venezia, gli organizzatori dell’esposizione internazionale riferiscono che: “After Illusion propone un dialogo creativo tra l’artista saudita Zahrah Al Ghamdi e il materiale naturale che associa alla sua casa. È un tentativo di riconoscere, ricollegare e rivisitare una sensazione familiare alterata dal tempo e dall’interpretazione. Un’esplorazione del mondo immaginario creato dall’artista per trovare conforto nel suo viaggio verso l’autorealizzazione. Il titolo si ispira a un verso di un’antica poesia araba di Zuhayr bin Abī Sūlmā (520-609), in cui l’autore descrive la difficoltà di riconoscere la propria casa dopo vent’anni di lontananza. Il poeta ottantenne è aiutato solo dall’illusione, uno stato mentale che contrastiamo nella nostra ricerca della ‘verità’, ma che in qualche modo contribuisce al suo raggiungimento.”
EMIRATI ARABI UNITI
“Nujoom Alghanem: Passage”. Commissario: Salama bint Hamdan Al Nahyan Foundation. Curatori: Sam Bardaouil and Till Fellrath. Espositore: Nujoom Alghanem. Sede: Arsenale.

Sul padiglione degli Emirati Arabi Uniti alla Biennale di Venezia, gli organizzatori dell’esposizione internazionale riferiscono che: “Nujoom Alghanem: Passage. Questa nuova installazione video site-specific a due canali trasla nel linguaggio cinematografico la sperimentazione condotta da Nujoom Alghanem con la poesia araba. L’opera si snoda lungo due narrazioni separate, una ‘reale’ e una ‘fittizia’, e indaga l’esperienza universale della dislocazione. I film sono proiettati simultaneamente sui due lati di un grande schermo posizionato in diagonale, e condividono lo stesso paesaggio sonoro. La fusione brechtiana tra realtà e finzione evidenzia i parallelismi che legano i tre personaggi principali del film e sottolinea le dualità condivise sottese alle loro vite. Mette inoltre in discussione la capacità dell’arte di generare un impatto significativo sulla vita delle persone di cui cerca di raccontare le storie.”
IRAN (Repubblica Islamica dell’)
“Of being and singing”. Commissario: Hadi Mozafari, General Manager of Visual Arts Administration of Islamic Republic of Iran. Curatore: Ali Bakhtiari. Espositori: Reza Lavassani, Samira Alikhanzadeh, Ali Meer Azimi. Sede: Fondaco Marcello, San Marco 3415.

Sul padiglione dell’Iran alla Biennale di Venezia, gli organizzatori dell’esposizione internazionale riferiscono che: “Il sapere collettivo maturato dagli artisti iraniani nei secoli è orientato a favore o contro vari concetti filosofici e mistici che esulano dall’estetica. Il concetto di ‘mundus imaginalis’ è uno dei paradigmi principali soprattutto nell’arte visiva del Paese. Tradizionalmente, il pittore iraniano è convinto di rappresentare l’immagine dell’originale mediante la percezione materialistica. Questo retaggio collettivo è rintracciabile nelle opere degli artisti contemporanei attraverso teorie e paradigmi innovativi. Un fenomeno che si fa più interessante quando si fonde con gli approcci e le tendenze dell’arte occidentale nell’era post-internet.”
IRAQ
“Fatherland”. Commissario: Fondazione Ruya. Curatori: Tamara Chalabi, Paolo Colombo. Espositore: Serwan Baran. Sede: Ca’ del Duca, Corte del Duca Sforza, San Marco 3052.

Sul padiglione dell’Iraq alla Biennale di Venezia, gli organizzatori dell’esposizione internazionale riferiscono che: “Fatherland è una mostra personale in cui l’artista curdo-iracheno Serwan Baran esplora il rapporto dell’uomo con la sua patria dal punto di vista del soldato. Baran nacque a Baghdad nel 1968. A oggi ha vissuto oltre quarant’anni di conflitti nel suo Paese. Enumera le guerre interne ed esterne che hanno coinvolto l’Iraq. Nella sua esperienza di soldato e artista di guerra, Baran fu costretto a testimoniare la ‘gloria’ dell’esercito iracheno e dipinse le vittime del conflitto per servire la propaganda governativa. La scelta del titolo Fatherland, in contrasto con Motherland, è inoltre un commento sulla dimensione maschile e paternalistica della cultura politica dell’Iraq e di tutta la regione. È una realtà dominata dagli uomini, che hanno imposto ideologie oppressive e scatenato guerre, ed è un’analisi della figura del padre come patriarca in questa cultura socio-politica, un ruolo immutabile che mantiene il suo predominio pur essendo oggetto di innumerevoli sfide.”
TURCHIA
“We, Elsewhere”. Commissario: IKSV. Curatore: Zeynep Öz. Espositore: İnci Eviner. Sede: Arsenale.

Sul padiglione della Turchia alla Biennale di Venezia, gli organizzatori dell’esposizione internazionale riferiscono che: “We, Elsewhere esplora gli spazi che creiamo e che vengono creati per noi in seguito a una migrazione forzata e collettiva. La mostra riflette sul modo in cui i soggetti che si ritrovano in questi spazi reagiscono e interagiscono gli uni con gli altri e con i propri ricordi. Gli elementi sonori, gli oggetti e i personaggi riconfigurati e modellati da İnci Eviner evocano una ricerca di ciò che manca, che è stato cancellato ed è ‘altrove’. Dal comportamento quotidiano dei personaggi emergono una certa aggressività e asprezza che ne influenzano le identità in transizione. Lo spazio stesso, in cui i visitatori sono invitati a camminare lungo scale, cortili e margini, esprime permeabilità, permettendo di guardare attraverso i muri grazie a tagli e crepe. I percorsi punteggiati di oggetti rimandano al processo con cui la memoria attenua i conflitti. I personaggi, lo spazio e i percorsi raccontano storie affini a quelle difficili narrate da Hannah Arendt in ‘We Refugees’.”
Photo Credit: © Biennale Venezia 2019. In copertina Ibrahim al Hamid, “A woman, a hat and a fish”