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Biennale, la prima volta di Ghana e Madagascar

May You Live In Interesting Times” (“Possa tu vivere tempi interessanti”): è il titolo della 58ma esposizione internazionale d’Arte di Venezia, in corso fino al 24 novembre. Una scelta che richiama un’espressione della lingua inglese a lungo erroneamente attribuita a un’antica maledizione cinese, che evoca periodi di incertezza, crisi e disordini; “tempi interessanti” appunto, come quelli che stiamo vivendo. La Biennale è curata da Ralph Rugoff, attuale direttore della Hayward Gallery di Londra.

La Mostra si articola tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo 79 partecipanti da tutto il mondo. Per l’Africa, il Ghana e il Madagascar sono i due paesi presenti per la prima volta, accanto ad altri sei (Costa d’Avorio, Egitto, Mozambico, Seychelles, Sudafrica e Zimbabwe).

Ghana Freedom”: questo il titolo del primo padiglione ghanese a Venezia, nella sede dell’Arsenale. Il suo design di forma ellittica, curato da Sir David Adjaye, permette di esplorare le idee che connettono le varie opere. Una miscela densa, carica delle installazioni ambientali di El Anatsui (vincitore del Leone d’oro alla carriera nel 2015) e Ibrahim Mahama, le cui opere si ispirano a materiali raccolti in ambienti urbani. Un concentrato che si nutre della rappresentazione e della ritrattistica del lavoro in studio di Felicia Abban (prima fotografa femminile del Ghana) e di quello “immaginato”, sulle tonalità dei bruni, della pittrice Lynette Yladom-Boakye (nominata al Turner Prize nel 2013), alla video scultura di Selasi Awusi Sosu e del film in tre canali di John Akomfrah.

Il padiglione è intitolato “Ghana Freedom” come il brano composto da E.T. Mensah alla vigilia della nascita della nuova nazione nel 1957, primo paese dell’Africa Sub-Sahariana ad ottenere l’indipendenza dal dominio coloniale. Il padiglione curato da Nana Oforiatta Ayim esamina i retaggi e le traiettorie di questa libertà con sei artisti di tre generazioni diverse, originari del Ghana e delle sue diaspore: tramite gli archivi di oggetti quotidiani nelle grandi installazioni di El Anatsui e Ibrahim Mahama; la rappresentazione e la ritrattistica sia nel lavoro in studio della prima fotografa famosa del Paese, Felicia Abban, sia immaginati dalla pittrice Lynette Yiadom-Boakye; le relatività di perdita e restituzione in un film a tre canali di John Akomfrah e in una scultura-video di Selasi Awusi Sosu. Il design ellittico del padiglione esplora l’intersezione di idee tra le opere. Il commissario del padiglione ghanese è il Ministry of Tourism, Arts and Culture.

I have forgotten the night”: così si chiama il primo padiglione del Madagascar alla Biennale di Venezia, nella sede dell’Arsenale, dedicato all’artista Joël Andrianomearisoa, curato da Rina Ralay Ranaivo e Emmanuel Daydé.

Le autorità di Antananarivo commentano in questi termini la prima partecipazione del Paese alla Biennale d’Arte: “Se diversi paesi occidentali sono presenti da più di un secolo, è solo negli ultimi dieci anni che alcuni padiglioni africani appaiono, come quello del Sudafrica o della Costa d’Avorio. Jöel Andrianomearisoa è stato scelto per rappresentare il suo paese, accompagnato dai curatori Rina Ralay Ranaivo e Emmanuel Daydé, per l’inventività e la maturità del suo lavoro, la sua notorietà internazionale e il sostegno incondizionato della sua rete professionale. Questa prima partecipazione alla Biennale di Venezia costituisce un evento storico per il Madagascar. È un segno di dinamismo e di modernità per la nazione malgascia che rinvia un’immagine positiva del paese a livello nazionale e internazionale, nonostante la predominanza d’immagini esotiche e miserabiliste. È un messaggio di speranza e di volontà di iscrivere le forze creatrici del Madagascar nei grandi movimenti mondiali. Il Padiglione del Madagascar, un progetto del Ministero della Cultura del Madagascar, sarà interamente finanziato da fondi privati nazionali e internazionali”.

I primi passi di Joël Andrianomearisoa nel mondo dell’arte  risalgono alla metà degli anni’ 90, appena diciottenne. Fin dall’inizio il suo lavoro s’incarna in performances che gli varranno la copertina di ‘Revue Noire Madagascar’ nel 1998. Utilizza diversi supporti, dal cucito al design, dal video alla fotografia, dalla scenografia all’architettura, dalle installazioni alle arti visive. Probabilmente è da tutto ciò che ne trae un’opera polifonica che invade l’intero spazio sensibile di ciascuno. Fa parte di questa prima ondata pionieristica di artisti malgasci contemporanei partecipando attivamente al contempo allo sviluppo culturale e artistico del suo paese (Manja nel 1998, Sanga nel 2003, Photoana nel 2005, 30 et Presque-Songes nel 2007 e 2011, Parlez-moi nel 2016 …). La sua formazione in Madagascar inizia in una scuola di disegno, poi frequenta degli artigiani che gli permetteranno di far conoscenza con numerosi designer di fama internazionale. La sua formazione si completa in Francia, a 20 anni, quando entra alla Scuola Speciale di Architettura di Parigi. Nel 2005, si laurea in architettura presentando un progetto completamente grafico e tessile, lontano da quelli architettonici classici, che, Odile Decq, suo direttore di ricerca, incoraggia. Nel corso della sua giovane carriera, ha esposto il suo lavoro nei cinque continenti, specialmente in molte e prestigiose istituzioni culturali internazionali come il Maxxi a Roma, l’Hamburger Bahnhof a Berlino, la Smithsonian a Washington, il Centro Pompidou a Parigi. Nel 2016, ha ricevuto il Premio Arco Madrid Audemars Piguet. Joël Andrianomearisoa è rappresentato dalle gallerie d’arte Sabrina Amrani (Madrid), Primo Marella (Milano) e RX (Parigi).

Tra i curatori Rina Ralay-Ranaivo, che ha iniziato la sua carriera presso il Centro Culturale Francese del Madagascar. È stato per dodici anni (dal 2006 al 2018) responsabile della programmazione artistica di questa importante istituzione della vita culturale malgascia. Questo lavoro trasversale gli ha permesso di concepire, realizzare e gestire numerosi progetti nel campo delle arti visive e dello spettacolo. Gli ha dato l’opportunità di lavorare con innumerevoli artisti malgasci (Joël Andrianomearisoa, Ariry Andriamoratsiresy, Madame Zo, Pierrot Men, Christiane Ramanantsoa, Rijasolo…), panafricani (Kettly Noël, Omar Viktor Diop, Ballaké Sissoko…), della zona dell’Oceano Indiano (Pascal Montrouge, Hans Nayna, Davy Sicard…) e d’Europa (Claude Brumachon, Moise Touré, Bernardo Montet, Pascal Maitre, The Shopping…) Rina Ralay-Ranaivo è anche un’artista e ha esposto il suo lavoro in centri d’arte e in eventi d’arte contemporanea in Africa e in Europa. È stato il curatore di diverse mostre realizzate nel suo paese, la più importante delle quali si intitola « Ici la limite du royaume est la mer » (2018): una mostra collettiva e retrospettiva sugli ultimi vent’anni della storia delle espressioni artistiche contemporanee del Madagascar. Precedentemente, Rina Ralay Ranaivo è stato giornalista culturale per il quotidiano malgascio La Gazette de la Grande Ile (dal 2003 al 2005), a seguito di studi in Scienze dell’Informazione e della Comunicazione all’Università di Antananarivo.

Storico dell’arte, critico teatrale, saggista e curatore di mostre, Emmanuel Daydé organizza la Notte Bianca di Parigi dalla sua creazione nel 2002 mentre scrive nelle riviste – Art Absolument, Connaissance des Arts, Art Press ed Air France Magazine, nelle quali dialoga con Heiner Müller, Philippe Boesmans, Miquel Barcelo, Krzysztof Warlikowski o Romeo Castellucci. Iniziatore di mostre come “Ousmane Sow sur le pont des Arts”, “Haïti, anges et démons” alla Halle Saint-Pierre, “Paris-Casa“ al Couvent des Cordeliers, “L’art dans le monde“ alla Culée du pont Alexandre III, “Regards persans : Iran, une révolution photographique” all’Espace Electra, “C’est la vie ! Vanités de Caravage à Damien Hirst” al museo Maillol a Parigi e commissario del Padiglione del Libano con Zad Moultaka alla Biennale di Venezia del 2017, ha scritto diversi cataloghi e monografie, in particolare su Fabian Cerredo, Anselme Bois-Vives, Moustapha Dimé, Youri Norstein ed Aurel Cojean, nonché la prefazione della mostra « Die Ungeborenen (I non-nati) » d’Anselm Kiefer alla galleria Thaddaeus Ropac – Parigi Pantin. Dopo essere stato il curatore della mostra Iarivo traduit de la nuit (2018) di Joël Andrianomearisoa alla galleria RX, Emmanuel Daydé è uno dei curatori scelti per il padiglione del Madagascar alla Biennale di Venezia 2019.

Sul padiglione del Madagascar alla Biennale di Venezia, gli organizzazione dell’esposizione internazionale riferiscono che “Joël Andrianomearisoa inventa un universo onirico da attraversare, una notte di carte strappate d’amore e morte nelle notti di Antananarivo, Madrid, del Bosforo, di Parigi e Cotonou. Joël Andrianomearisoa porta una nostalgia sconfinata alla modernità della piazza, respirando il sentimentalismo delle cose materiali. Omaggio alla grandiosità dell’oltre nero e al suo aggirarsi desolato che si piega, si spiega, mostra i contorni, canta e ride con l’arrivo della nostalgia. “La geometria dell’angolo”, ricorda l’artista, “è un punto di non ritorno che comprende il presente.” http://madagascarpavilionvenice.org

Photo Credit: © 58ma esposizione internazionale d’Arte di Venezia

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