
A Orsay i modelli neri escono dall’anonimato
“Le Modèle Noir”, “il Modello Nero da Géricault a Matisse” è il titolo di una delle esposizioni più attese della stagione, inaugurata al Museo di Orsay, a Parigi.
Una rassegna di 300 opere, di cui 73 dipinti, 81 fotografie, 17 sculture, 60 lavori grafici e 70 documenti inediti che compongono un affresco carico di emozioni e sorprese su una tematica complessa e ancora sensibile. Una selezione emblematica della rappresentazione di figure nere nelle arti visive, dallo schiavo incatenato fino al jazzista emancipato, che racconta il lento processo verso la conquista e il riconoscimento – ancora oggi fragile – dell’identità nera.

Una mostra che va oltre gli stereotipi per valorizzare il contributo dei modelli neri alla storia dell’arte moderna, figure sempre oscurate e anonime che sono state fonti di ispirazione per i più grandi pittori dell’Ottocento e del Novecento. L’esposizione, visitabile fino al 21 luglio, è stata realizzata sulla base dei lavori di ricerca di Denise Murrell, della Ford Foundation Scholar (Columbia University), in collaborazione con Stéphane Guéguan, consigliere scientifico della presidenza dei musei parigini di Orsay e dell’Orangerie.
Un viaggio attraverso 200 anni della storia dell’arte e della storia ‘tout court’ francese e statunitense, in cerca di risposte alla domanda: “Nell’arte come venivano rappresentate le donne nere, ma anche gli uomini”. Tre i periodi chiave esplorati: l’era dell’abolizione della schiavitù (1794-1848), la Nuova Pittura e le prime avanguardie del Novecento.
I ‘modelli neri’ sono quelli che molti artisti hanno scelto di rappresentare, contribuendo positivamente al processo di abolizione della schiavitù e al lento affermarsi di una identità nera. Géricault, Manet e Matisse sono i tre pittori più impegnati nella ‘causa’, punti di riferimento del percorso espositivo che prende il via con la fondazione nel 1788 di una Società degli amici dei Neri. Géricault ad esempio ha rappresentato un uomo nero in piedi – il suo modello preferito, un haitiano di nome Joseph – che incarna l’energia e salverà un gruppo di naufraghi della sua celebre “Zattera della medusa”.

Particolarità di questa mostra è quella di far apparire i nomi di tutti quelli e quelle che hanno fatto da modelli ai più grandi pittori dell’Ottocento e del Novecento. E’ il caso della domestica nera, Laure, che si vede nell’ombra della famosa tela ‘Olympia’ (1863) di Edouard Manet. Le muse degli artisti escono allo scoperto e dall’anonimato, come Jeanne Duval, fonte ispiratrice di Charles Baudelaire, e le tele in cui compaiono sono state tutte ribattezzate. Nei nuovi titoli date alle opere dai curatori le protagoniste vengono chiamate per nome invece di essere presentate come “negra” o “meticcia”, con i soli riferimenti razziali dell’epoca.

Nonostante l’abolizione della schiavitù, nel 1848, le discriminazioni persistono. “Il negro Scipione” di Paul Cézanne, del 1868, rappresenta un uomo nero prostrato, a riprova che l’abolizione non ha cancellato l’oppressione. Tra le altre opere emblematiche “Il giovane nero con la spada” di Puvis de Chavannes (1850) e “La punizione ai quattro angoli” di Marcel Antoine Verdier sulla crudeltà cinica dello schiavismo. Sessant’anni dopo, nel 1930, l’aggraziato “Suonatore di mandolino” di André Derain esprime la vera emancipazione di un giovane uomo nero. E ancora opere di Delacroix, Gauguin, Cézanne, Nadar e Carjat che hanno tutti in comune la scelta di un modello nero in un momento cruciale della storia.
E al termine del percorso espositivo una gigantesca installazione di Glenn Ligon composta da 12 neon di grandi dimensioni cita i nomi e riproduce la scrittura di modelli, artisti e scrittori presenti nella mostra, tra cui appunto Laure, la musa di Manet, e Josephine Baker. Presentate anche due opere ironiche che capovolgono i ruoli, ‘Olympia 2’ di Aimé Mpane e ‘I like Olympia in black face’ di Larry Rivers, nelle quali la padrona è diventata nera e la domestica è bianca.

“E’ un argomento di società e di politica che riguarda la nostra storia ma anche la Francia di oggi. Tutte le opere sono corredate dalle necessarie spiegazioni, anche per farle capire alle giovani generazioni” ha sottolineato Laurence des Cars, presidente del Museo di Orsay, che per questa mostra ha allacciato una collaborazione con il ministero dell’Educazione nazionale.
Photo Credit: © Avanguardie Migranti