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1:54 Fair, arte contemporanea africana a Marrakech

Per la prima volta nel continente è andata di scena a Marrakech la fiera 1:54 Fair, esclusivamente dedicata all’arte contemporanea africana e della diaspora. Come le precedenti edizioni di Londra (dal 2013) e di New York (dal 2015), anche questa in Marocco ha riscosso grande successo di critica e pubblico, con più di 4.000 visitatori.

Fondata nel 2013 da Touria El Glaoui, il nome della fiera “1:54″ deriva dalle 54 nazioni che compongono il continente, presentando così un’ampia prospettiva di “un’arte africana” come un vasto insieme di realtà artistiche diverse racchiuse tutte dietro un unico format espositivo. Variano infatti enormemente le storie, le esperienze raccontate e le tecniche artistiche utilizzate dagli artisti provenienti dai vari paesi del continente, come da quelli cresciuti in realtà completamente diverse, ma che spesso hanno mantenuto un peculiare legame con le proprie pratiche e usi tradizionali, che si riflettono nella loro produzione.

La missione della fiera è da sempre quella di promuovere la variegata scena artistica del continente africano, grazie anche a un ambizioso programma di dibattiti, eventi e soprattutto partnership con istituzioni locali.

All’evento, ospitato nel lussuoso salone della Mamounia, l’albergo preferito di Winston Churchill, hanno preso parte 17 gallerie africane e internazionali, tra cui le italiane Officine dell’Immagine e Primo Marella, oltre alla rinomata Blain Southern di Londra. Sessanta gli artisti rappresentati, di 25 paesi diversi, che hanno offerto un’ampia prospettiva dell’arte contemporanea africana, con nomi importanti come Chéri Samba, Abdoulaye Konaté e giovani talenti. Esposti portfolio di collezionisti anche internazionali costituiti nelle precedenti edizioni di Londra e New York.

Buone le vendite realizzate durante la fiera, con un range medio di prezzo delle opere attorno ai 1.000-20.000 dollari, inferiore rispetto a quello di altre fiere internazionali. La galleria milanese dell’Officine dell’Immagine, che presenta lavori di importanti nomi della fotografia del continente, avrebbe venduto il proprio stand prima della conclusione dell’evento, con prezzi dai 2.000 ai 18.000 dollari per gli scatti di Mounir Fatmi, Safaa Erruas e Farah Khalil.

“Il sogno è sempre stato quello di avere una presenza ben radicata sul continente africano. E’ davvero eccitante il fatto che così tanta gente abbia fatto lo sforzo di unirsi a noi a Marrakech. Non vediamo l’ora di espandere e sostenere ulteriormente la nostra rete nel 2019 e negli anni a venire” ha detto la direttrice della fiera, El Glaoui, figlia d’arte. L’edizione marocchina ha presentato progetti in partenariato con il Musée d’Art Contemporain Africain Al Madeen (MACAAL), il Musée Yves Saint-Laurent Marrakech, la Fondation Montresso, così come con istituzioni locali in città.

“E’ importante che un evento dedicato all’arte africana si svolga in Africa. Gli africani devono vedere la propria arte sul continente. Poi è crescente il numero di collezionisti africani. Anche se vanno a Londra o a New York, portarli a Marrakech era un altro obiettivo” ha sottolineato la fondatrice di 1:54, che mira a creare una piattaforma internazionale di arte contemporanea africana anche sul continente.

La diversità creativa del continente

“Non c’è alcun mistero ma un collegamento diretto tra sviluppo economico di un paese, la sua stabilità e l’emergenza di una scena artistica attiva” ha evidenziato la El Glaoui.

La scena artistica africana varia enormemente di paese in paese. Per quanto riguarda l’arte contemporanea abbiamo visto emergere negli ultimi anni il Sudafrica, con il Zeitz MOCAA aperto lo scorso anno a Cape Town e il lancio di fiere come Cape Town Art Fair e Joburg.

Anche la Nigeria ha visto crescere il proprio livello di benessere (sebbene sempre diversamente distribuito) grazie all’economia del petrolio, che ha alimentato lo sviluppo di una scena artistica locale, come ha dimostrato il suo sostegno economico al lancio della fiera International contemporary art fair Art X LAGOS nel 2015.

E ora viene Marrakech, da sempre terra di connessione fra Africa, Europa e Medio Oriente, luogo di fascino esotico, che già in passato ha attirato  molti artisti e uomini di cultura e che ha visto recentemente importanti segnali di una possibile rinascita culturale creativa. In particolare le recenti aperture del Museo Yves Saint Laurent, con forte capacità di richiamo internazionale, e il MACAAL,  che ospita la notevole collezione di arte africana contemporanea della famiglia Latzman. A questo si aggiunge una vivace scena artistica locale, messa in luce anche grazie alla Biennale di Marrakech. Il Nord Africa ha sviluppato un’importante scena artistica negli ultimi anni, con numerose case d’asta nate in tutto il paese e circa 10 gallerie in ogni grande città, molte delle quali partecipano ormai a fiere anche internazionali. Alcuni nomi di queste sono Comptoir des Mines e Galley 127 nella città di Guéliz e Loft Art gallery e L’atelier 21 di Casablanca. Molti degli artisti marocchini hanno poi ormai consolidato i propri prezzi a buone quotazioni anche nel mercato internazionale. Fra questi Mahi Binebine che avrebbe già raggiunto i 210.000 dollari in asta, e Hassan Hajjaj, ritenuto un po’ “l’ Andy Warhol del Marocco”.

Crescente interesse e fatturato per l’arte africana

Sicuramente negli ultimi anni si è visto un crescente interesse, anche internazionale, per l’arte africana, anche se più spesso rivolto a pochi nomi di artisti “blue-chip” rappresentati già da gallerie internazionali, come per esempio El Atnatsui o Abdoulaye Konaté. Un interesse confermato anche dai recenti movimenti delle case d’asta che hanno iniziato a guardare anche a questo mercato, e soprattutto ai suoi artisti, come ha dimostrato Sotheby’s con la sua prima asta focalizzata unicamente sull’arte contemporanea africana che, lo scorso 16 maggio 2017 ha totalizzato a Londra vendite per circa 3,6 milioni di dollari, con 79 lotti venduti su 116. Secondo ArTactic il volume delle vendite all’asta dell’arte africana nel 2017 avrebbe raggiunto i 5,6 milioni, contro 4,3 l’anno precedente, sommando i risultati di Bonhams, ArtHouse e Sotheby’s.

Chi sono i collezionnisti?

La principale fonte di domanda sono soprattutto i “High-Net-Worth Individuals” delle maggiori economie del continente, ovvero la Nigeria e il Sudafrica. L’aumento della domanda è stato guidato anche dalle grandi corporations africane: fra queste la Borsa della Nigeria (The Nigerian Stock Exchange NSE), che possiede una vasta collezione di arte africana contemporanea. Tuttavia è cresciuto negli ultimi tempi anche l’interesse dei collezionisti internazionali. Ad alimentarlo soprattutto mostre e fiere fra cui appunto la stessa 1:54 African Contemporary Art Fair con i suoi appuntamenti di Londra (17.000 visitatori nel 2017) e New York (8.000 visitatori), ma anche la 57a Biennale di Venezia, con il gran numero di artisti africani presentati e otto nazioni del continente che potevano contare su un proprio specifico padiglione nazionale per presentare la propria ascesa artistica locale al mondo.

Le prospettive

Fiere come queste sono sicuramente un’importante occasione per promuovere, valorizzare e far conoscere ai collezionisti internazionali, ma soprattutto a quelli locali il variegato scenario della produzione artistica locale, diventando un’importante opportunità per creare una rete che unisca il continente, connettendo istituzioni locali, collezionisti e possibili investitori per creare un sistema dell’arte africana sostenibile e fertile.

Questi certo sono processi lunghi, ma che potrebbero avere anche importanti conseguenze per un rilancio culturale e creativo dell’economie spesso depresse dei singoli paesi.  “Ovviamente noi non vogliamo una bolla, un’accelerazione continua folle come la Cina o il Sud America. Il mio desiderio è che ci possa essere una crescita continua e costante, piuttosto che un boom del singolo momento” ha auspicato la El Glaoui.

“Credo nel potere trasformativo dell’arte, poiché è l’unico modo di illustrare un’immagine diversa dell’Africa e della sua diaspora. E’ attraverso l’arte che possiamo raccontare realmente le nostre storie”, è convinta l’esperta di arte.

Punti di forza delle opere d’arte africane risiedono, secondo la El Glaoui, “nell’assenza di modelli e di movimenti, vista la grande diversità storico-culturale tra paesi africani, la loro originalità e ricchezza che le rendono molto ‘fresche’ e differenti rispetto a quelle europee e americane”.

Tuttavia, può essere considerato limitante il fatto di presentare gli artisti del continente come ‘africani’. “Non si sente parlare di arte francese o di arte inglese, ma di arte tout court. Appare un po’ limitante categorizzare geograficamente o etnicamente gli artisti nostrani – ha fatto notare la fondatrice di 1:54 – ma credo che sia inevitabile marcare ancora il territorio se consideriamo lo squilibrio che esiste ancora nella visibilità dell’arte africana sulla scena internazionale”.

Il prossimo appuntamento con l’arte contemporanea africana  sarà a New York, dal 4 al 6 maggio, per la quarta edizione di 1:54, dal 4 al 7 ottobre a Londra, presso Sommerset House, per la sesta edizione e alla Mamounia nel febbraio 2019.

Photo Credit © 1:54 Fair

 

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