
Migranti tutti in Europa?
Meno del 10% dei 191 milioni migranti del mondo viene dall’Africa. E il 70% non lascia il continente…
Ogni giorno migliaia di giovani partono dall’Etiopia, Somalia, Tanzania, Malawi, Zimbabwe, Nigeria e Repubblica democratica del Congo in cerca di condizioni di vita migliori. Li attende un lungo viaggio. Direzione: Messina. Non in Sicilia, punto di passaggio obbligato verso l’Europa, dove ogni giorno approdano barconi carichi di migranti africani. Ma Messina, chiamata anche Musina, borgata del Sudafrica, nella provincia settentrionale di Limpopo, nei pressi dell’omonimo fiume al confine con lo Zimbabwe. La terra di Nelson Mandela, seconda economia del continente, è soltanto una delle tante destinazioni dell’immigrazione intra-africana. Ma a fare notizia sono le migrazioni Sud-Nord, non quelle Sud-Sud. Visti dal Nord del mondo, i flussi all’interno stesso del continente africano non esistono, o meglio non vengono documentati dal mainstream dell’informazione, invece concentrato a dismisura sugli sbarchi a Lampedusa e i naufragi di barconi nel Mediterraneo.
Flussi migratori in numeri
Nel 2016 circa 5 milioni di migranti si sono diretti verso i paesi dell’Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico (Ocse), un aumento del 7% rispetto al 2015. In tutto 1,64 milioni di domande di asilo sono state presentate, di cui il 46% in Germania (722.000 persone) da parte di siriani (37%), afghani (18%) e iracheni (13%). Con 260.000 domande gli Stati Uniti sono arrivati al secondo posto, seguiti da Italia (120.000), Francia e Turchia. A fine 2015, nei paesi Ocse risiedevano regolarmente 124 milioni di persone nate all’estero, di cui il 46% è stabilito in Europa e il 35% negli Stati Uniti.
In una prospettiva globale, i dati diffusi dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) e dall’Ocse evidenziano che su totale di 191 milioni di migranti, solo 17 milioni provengono dall’Africa, pari all’1,9% della popolazione del continente. Ben 79,6 milioni sono invece cittadini di paesi sviluppati che migrano verso altri paesi sviluppati. Anche se l’acquisizione di dati dettagliati e completi è piuttosto difficile, le stime più accreditate valutano che di questi 17 milioni di africani almeno il 70% rimangono sul continente e solo il 12% parte verso l’Europa. Il Rapporto Onu International Migration del 2015 ha fatto emergere che i flussi migratori da Sud verso Nord rappresentano soltanto il 3,2% della popolazione mondiale mentre quelli di migranti Sud-Sud sono tre volte superiori, per un totale di 740 milioni di persone in tutto il mondo. Altroché invasione dell’eldorado Europa.
Mappa dell’Università di Zurigo
Un altro spunto interessante arriva dall’Istituto di Scienze politiche dell’Università di Zurigo che in una mappa interattiva (https://refugeemovements.com/worldmap) rappresenta tutti gli spostamenti di popolazioni dalla fine della Guerra Fredda sulla base dei dati diffusi dal 1990 dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati. Un approccio geografico unito ad una prospettiva storica che riassume in modo chiaro le direzioni prese dai flussi migratori e il loro andamento numerico durante le ultime tre decadi. Nel 1990 lo statuto di rifugiato in Europa è stato concesso a 6.200 persone, a 128.9000 nel 2009 e a 40.800 nel 2013 (pari soltanto all’1,7% di tutti i rifugiati su scala mondiale). Mentre il Nord America accoglieva 18.300 rifugiati (dato 2013), lo stesso anno erano 140.700 in Nord Africa, 143.500 in Africa centrale, 167.900 nel Corno d’Africa e 1,67 milioni nella Penisola arabica. L’America Latina rimane invece fuori da questi flussi di popolazione. Focus su un caso specifico, quello dell’Eritrea, che su scala globale è uno dei principali paesi di provenienza dei richiedenti asilo, con 300.000 unità nel 2013 di cui 110.000 in Sudan, 83.000 nella confinante Etiopia, 35.000 in Israele e 13.000 in Svizzera.
Migrazioni intra-africane allo studio
Dati, questi, che capovolgono la narrazione dominante e unilaterale di un fenomeno da sempre esistito e naturale. A studiare le ‘sconosciute’ migrazioni intra-africane sono diversi think thank basati sul continente, per lo più in ambito universitario, e collegati con gruppi di ricerca europei.
Tra questi il Laboratorio Misto Internazionale Movida (Mobilità, Viaggi, Innovazioni e Dinamiche nelle Afriche mediterranea e sub sahariana) con sede a Dakar. L’obiettivo di questo gruppo di ricerca afro-europeo, co-diretto dalla sociologa e antropologa francese Sylvie Bredeloup, è quello di proporre un’altra linea di pensiero sulla pluralità e la complessità dei movimenti migratori in Africa, emancipandosi dallo specchio deformante dell’Europa. Alla testata giornalistica La Tribune Afrique la Bredeloup spiega che la migrazione intra-africana “è molto antica” e conosce almeno quattro rotte principali.
Globalmente le dinamiche di spostamento delle popolazioni hanno una dimensione interregionale, portando i migranti da zone rurali verso altre zone rurali nei paesi confinanti così come verso grandi centri urbani – oppure da zone poco popolose verso quelle a maggior densità demografica e i bacini di lavoro. In ogni caso ad attrarre sono sempre le risorse naturali: dalla terra al sottosuolo.
Destinazioni dei migranti in Africa
Il primo epicentro migratorio è la Costa d’Avorio, nazione trainante dell’economia dell’Africa occidentale poco popolosa, ricca di materie prime agricole (a cominciare dal cacao e caffè). Storicamente ha attratto manodopera giovane proveniente dai confinanti Burkina Faso, Mali ma anche da Guinea e Senegal.
Altra terra di immigrazione in Africa è la Nigeria, scelta come eldorado per le sue sterminate risorse petrolifere da popolazioni giunte essenzialmente da Ghana e Benin. Per motivi storici, sin dai tempi dell’Africa occidentale francofona, il Senegal e il Gabon sono sempre stati punti di approdo per i cittadini dei paesi vicini, tra cui Guinea e Capo Verde. Alle rotte migratorie intra-africane non poteva mancare la seconda economia del continente: il Sudafrica. Con le sue miniere di diamanti e oro, è una vera e propria calamita per i cittadini di Zimbabwe, Swaziland, Botswana, ma non solo.
Da questa mappatura emerge che a spostarsi maggiormente sono le popolazioni dell’Africa occidentale e in parte dell’Africa australe, mentre rimangono pressoché ferme quelle dell’Africa centrale. Un’altra informazione utile diffusa dal Laboratorio Movida riguarda l’identità del migrante. Se è vero che nella maggior parte dei casi si tratta di lavoratori poco qualificati, nei fatti siamo di fronte ad una pluralità di volti: studenti, commercianti, ma anche atleti, imprenditori e sempre più donne. Il cambio di statuto è anche molto frequente, spesso dalla legalità all’illegalità.
Sfide delle migrazioni intra-africane
Un programma di approfondimento sulle migrazioni intra-africane dell’emittente televisiva “Africa 24” diffuso lo scorso 25 maggio, in occasione della giornata mondiale dell’Africa, ha messo in luce sfide e potenzialità del fenomeno per il continente giovane. Uno degli aspetti più rilevanti riguarda l’incidenza sociale delle migrazioni che si traduce spesso in rifiuto, xenofobia e violente tensioni. Alla stregua di quanto accade nel fortezza Europa, anche in Africa negli ultimi anni i governanti di numerosi paesi hanno adottato politiche migratorie molto restrittive, temendo che le proprie risorse venissero depredate, che la ricchezza prodotta uscisse dai confini e che la propria identità nazionale venisse minacciata. Si moltiplicano i casi di espulsioni di massa ai confini e le regolamentazioni restrittive. L’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr) ha evidenziato che il Sudafrica è il paese al mondo che ospita meno rifugiati, respingendo in media l’80% delle domande di asilo presentate.
A 54 anni dalla creazione, il 25 maggio 1963, dell’Organizzazione dell’Unità Africana (Oua) diventata Unione Africana nel 2002, l’ideale del panafricanismo dei Padri fondatori e lo slogan “Africa must unite” sembrano finiti in un’impasse, scontrandosi con resistenze nei blocchi regionali ma anche a dinamiche politiche interne che devono far i conti, come in Europa del resto, con disoccupazione, insicurezza, identità culturale e tensioni sociali.
Asia e Paesi del Golfo, destinazioni in crescita
Guardando al futuro, il Laboratorio Movida afferma che rimarrà la tendenza alla migrazione all’interno del continente mentre quella a destinazione dell’Europa sarà resa più complicata dal rafforzamento dei controlli ai confini. Incrementerà il flusso di giovani studenti africani verso la Cina, ma anche per cercare fortuna nel settore commerciale e degli affari nel gigante asiatico. Un trend che sta andando di pari passo con i massicci investimenti di Pechino e la crescente presenza di Istituti Confucius in molti paesi africani. Ad oggi l’Asia accoglie un numero crescente di “esiliati economici e sociali africani”, circa il 5,1% dei migranti lasciano l’Africa per raggiungere il continente asiatico. Un’altra rotta migratoria sta portando sempre più una nuova generazione di migranti africani verso i Paesi del Golfo – Emirati Arabi Uniti, Arabia saudita e Quatar – interessati al settore del turismo e all’import-export.
Una prospettiva meno eurocentrata
Inoltre, l’Africa sta esercitando un’attrativa sempre maggiore per i suoi tassi di crescita economica, le sue risorse sterminate ma soprattutto una richiesta di servizi sempre più significativa da parte della popolazione locale. A cercare lavoro direttamente sul continente sono anche giovani laureati e non, disoccupati in Europa. Ad esempio negli ultimi anni è cresciuto il numero di immigrati portoghesi in cerca di occupazione in Mozambico e in Angola.
Una ricerca dell’Istituto nazionale francese di studi demografici (Ined) dal titolo “Al di là della crisi dei migranti”, svolta da Cris Beauchemin e Mathieu Ichou, invita gli europei a “decentrare lo sguardo su quello che viene comunemente chiamato la crisi dei rifugiati per ridimensionare il posto dell’Europa come terra di accoglienza”. Per l’ex primo ministro del Niger e segretario generale del Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa (Nepad), Ibrahim Assane Mayaki, “la più grande sfida dei nostri tempi si gioca su un tutt’altro piano: è il fenomeno delle migrazioni Sud-Sud, sempre più dinamico”.
Consapevoli di questa sfida e per monitorare un fenomeno che causa numerose vittime, soprattutto tra i giovani, a Monrovia è stato costituito il Gruppo ad alto livello sulle migrazioni (Hlpm). Del panel, voluto da Unione Africana (Ua) e Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa (Cea), fanno parte 14 membri autorevoli, sotto la guida dall’ex presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf.
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