Un vento d’Africa sul Festival di Avignon
Giunge al termine mercoledì 26 luglio la 71ma edizione del noto festival estivo nella Città dei Papi, nel sud della Francia, che ha ospitato un Focus sull’Africa subsahariana, aprendo una finestra sulla creatività femminile. Non senza polemiche…
A cominciare dalla scelta degli organizzatori di non aver inserito nella programmazione alcun spettacolo di teatro puro dal continente giovane. “Un modo come un altro per dichiarare che l’Africa non ha voce in materia, non può partorire un pensiero teatrale compiuto al grande appuntamento del dare e del ricevere”, aveva detto l’autore e sceneggiatore congolese Dieudonné Niangouma, criticando apertamente il programma ufficiale presentato lo scorso 22 marzo dal direttore del Festival, Olivier Py.
Altri artisti hanno preferito replicare che “la voce dell’Africa non può ridursi soltanto al teatro”.
Ad aprire le danze dell’Africa ad Avignone “in”, dal 7 al 13 luglio, uno spettacolo interdisciplinare che con note musicali, parole e movimenti ha portato in scena il dramma delle donne stuprate in Rwanda. “Unwanted” di Dorothée Munyaneza, nata nel Paese delle Mille Colline e stabilita Londra, documenta in realtà la storia dolorosa patita da molte donne abusate in scenari di guerra, denunciando l’uso dello stupro come arma di distruzione di massa.
Dal 9 al 15 luglio, Nadja Beugré e Nina Kipré, hanno reso omaggio a una delle fondatrici della danza ivoriana, Béatrice Kombé, deceduta nel 2007, riproponendo una sua pièce “Sans repères” (“Senza punti fermi”). Spazio anche a Kettly Noël, nata a Haiti e stabilita a Bamako (Mali), dove dirige il locale Festival di danza, con il suo “Tichèlbè”, storia di una donna che cerca il proprio equilibrio tra le sue due personalità, meravigliosamente interpretata da Ibrahima Camara e Oumaïna Manaï. Seydou Boro e Salia Sanou di Ouagadougou hanno presentato uno spettacolo per tre ballerini, “Figninto – L’oeil troué” (“L’occhio bucato”).
Il 16 luglio i tamburi tradizionali e l’energia rock del gruppo Basokin, i Basongye di Kinshasa, hanno fatto sentire il loro eco in tutta la Città dei Papi, quello di un’Africa inattesa, misteriosa, millenaria e a tempo stesso radicata nel presente. La band costituita da musicisti originari del Kasai orientale, stabiliti nella capitale, si è affermata come una delle più popolari realtà musicali della Repubblica democratica del Congo.
In Africa, l’arte drammatica si esprima attraverso diverse modalità espressive che vanno dal racconto alla parola, interpretata e cantata, passando per i movimenti e le forme. Con “Dream Mandé – Djata”, l’autrice e chitarrista maliana Rokia Traoré ha reso un vibrante omaggio a l’arte multisecolare dei griot (anziani) dell’Africa occidentale, narrando la storia epica dell’imperatore Soudiata Keïta nell’Africa del XIII secolo.
Un altro esperimento riuscito sotto il segno della contaminazione tra diverse discipline – danza, video, performance musicale dal vivo – è stato “The Last King of Kakfontein” del sudafricano Boyzie Cekwana: una tragedia in puro stile Shakespeare e a tempo stesso un racconto selvaggio sui populismi odierni.
Un’Africa sospesa tra un passato di emancipazione e il sogno di un futuro migliore quella dello spettacolo “Kalukata Republik” del coreografo di origine burkinabé Serge Aimé Coulibaly, che ci fa viaggiare dai tempi del cantante nigeriano Fela Kuti, voce della rivolta e della speranza, alla Lagos di oggi, rappresentata come un luogo mitico e ibrido.
Il Focus Africa si è concluso con la “Femme Noire” (“Donna Nera”), poesia del maestro Léopold Sédar Senghor, interpretata dalla cantante beninese Angélique Kidjo e l’attore ivoriano Isaach De Bankolé accompagnati dal sassofonista camerunense Manu Dibango, il chitarrista congolese Dominic James e MHD.
Per critici e media, anche se la programmazione del Focus Africa è stata valutata da alcuni come “riduttiva”, le esibizioni presentate hanno chiaramente avuto il merito di porre la creazione del continente al centro del dibattito e suscitare una serie di interrogativi sul prodotto teatrale di oggi. In poche parole il vento d’Africa che ha soffiato su Avignon ha regalato un altro sguardo sulla creatività, un’altra prospettiva lontana da schemi e sguardi ‘colonizzatori’.
Il quotidiano Le Monde evidenzia che: “Una cosa è certa. L’Africa conosce una grande effervescenza artistica ed intellettuale, molto diversa da un paese all’altro, come testimonia la programmazione diversificata degli ultimi anni a Parigi”. Ricordiamo, tra le altre, “Art Afrique, nouvel atelier” presso la Fondazione Louis Vuitton (fino al 28 agosto 2017), il Festival 100% Africa alla città della Scienza La Villette lo scorso maggio e la mostra di grande successo “Beauté Congo, 90 anni di arte in Congo”, alla Fondazione Cartier nel 2015.
Photo credit: © Festival d’Avignon